Teatro

<i>ULTIME RONDINI</i> chiude la stagione al Teatro Baretti di Torino

<i>ULTIME RONDINI</i> chiude la stagione al Teatro Baretti di Torino

Giovedì 27 e venerdì 28 maggio (ore 21), a conclusione della stagione 2009-2010 Outing. Azioni di libero pensiero, presso il Cineteatro Baretti, a Torino, andrà in scena Ultime rondini, lettura drammatica di Corrado Rollin, con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci. Oltre alle voci dei due protagonisti, gli interventi di Diego Mingolla permetteranno al pubblico di scoprire un grande autore del Novecento musicale, che ha saputo cantare con estrema dolcezza, straordinario coraggio e laica rassegnazione quella Natura che lo aveva piegato nel corpo, ma che gli aveva anche lasciato uno spirito che non si è arreso mai. Nel panorama musicale italiano il caso di Frederick Delius (1862-1934) è particolarmente curioso. Con la sola eccezione del Teatro Lirico di Cagliari, che nel 2002 ha messo in scena con successo A Village Romeo and Juliet, i cartelloni operistici e delle associazioni concertistiche lo ignorano completamente. Delius trascorse gli ultimi anni della sua vita su una sedia a rotelle, cieco e paralizzato per i postumi di una sifilide contratta in gioventù. Viveva con la moglie pittrice in una villa con un grande giardino a Grez-sur-Loing, nei pressi di Fontainebleau, e aveva interrotto del tutto l’attività compositiva.
Nel 1928 Eric Fenby, giovane compositore inglese anch’egli originario dello Yorkshire, dopo aver ascoltato alla radio il suo poema sinfonico On Hearing the First Cuckoo in Spring e aver letto la sua biografia sui giornali, si offrì come amanuense al compositore infermo che, inaspettatamente, lo invitò subito a Grez. Fenby non era mai stato all’estero: questo viaggio fu per lui una vera iniziazione alla vita.
Una grande amicizia fra opposti: Fenby ventiduenne, Delius di quarant’anni più vecchio; uno cattolico praticante, l’altro ateo convinto e seguace di Nietzsche; uno timido, l’altro, benché bloccato sulla sua sedia, estroverso e umorale, reduce da una giovinezza di bohème nella Parigi della Belle Époque. La collaborazione e la convivenza furono all’inizio molto difficili: Delius doveva dettare nota per nota tutte le sue partiture (per grande organico, spesso con solisti e coro) canticchiandole al povero Fenby che ben presto cominciò a perdersi d’animo. La sua forza di volontà, le insistenze della moglie del compositore e l’enorme slancio creativo ancora vivo in Delius poco per volta generarono un rapporto conflittuale ma straordinario che permise il completamento di nove opere.
Delius morì sei anni dopo nelle braccia di Fenby, che da allora rinunciò alla propria creatività per dedicare tutta la sua vita (è morto nel 1997) all’edizione critica e alla diffusione delle opere di Delius, senza mai lamentarsi di aver quasi annichilito la propria individualità per mettersi al servizio di quello che considerava uno dei grandi maestri del Novecento musicale.
La storia di Fenby e Delius somiglia in qualche modo a Finale di partita di Samuel Beckett, ma è un esempio di amore per la musica e di superamento delle debolezze del corpo riscattate dalla forza della creazione artistica.